Frogheri Franco

FROGHERI FRANCO
NOME FROGHERI FRANCO
NATO A NUORO
IL 1936/1998
RUOLO ATTACCANTE
ALTEZZA  cm.
PESO  kg.

Quel piccolo centravanti diventato leggenda
I gol di Franco Frogheri con la maglia della sua vita: quella verdeazzurra della Nuorese

NUORO. Se non tutti, almeno una parte della città ne parla. Un coro frammentato di voci che può capitare di sentire dal parrucchiere Toto ma anche per strada. Oppure negli spogliatoi di qualche campo sportivo dove ancora resistono vecchie fotografie. «Quello sì che era un giocatore». «Bisognerebbe dedicargli il Quadrivio». «Certo, il miglior centravanti che la Nuorese abbia mai avuto. Segnava anche di testa, lui che era alto poco più di uno e sessanta».

Si parla di Franco Frogheri, centravanti della Nuorese tra gli anni Cinquanta e Sessanta, periodo aureo, quando “su Nugoro” passava con facilità dall’Eccellenza alla Quarta serie. In quel tempo sta l’ossatura della leggenda del calcio nuorese. Della leggenda, Franco Frogheri, morto nel novembre del 1998, a 62 anni, costituisce parte fondamentale. «Nel suo ruolo – dice Pantera, alias Giovanni Pittalis, classe 1935, mezzala sinistra dei tempi d’oro -. Franco era il migliore. Le partite ce le faceva vincere sempre lui. Piede piccolo, segnava di interno collo». E faceva segnare. «Di solito era la mezzala sinistra a far giocare il centravanti. Franco invece faceva giocare la mezzala in area di rigore. Aveva una grande intelligenza calcistica». Pittalis parla di migliore in senso assoluto. «Nel suo ruolo era inarrivabile», sostiene Zomeddu Mele, classe 1931, insegnante di matematica in pensione, orunese che nella leggenda aurea nuorese, specie quella del campionato ’57-’58, fu insieme allenatore e giocatore. Passarono dall’Eccellenza regionale alla Quarta serie nazionale. Correva il maggio del 1958. Il campionato era iniziato con la squadra che, per tutta una serie di problemi, anche economici, si era data una forma di autogestione. Zomeddu disegnava gli schemi. Aveva a disposizione parecchi assi: Catte, Spanu, Bobore Sanna, che fu amico di Franco. Le formazioni che scesero in campo in quel campionato sono da scandire con la formula classica: Caburlotto, Stellino, Mele; Putzolu, De Candia, Sanna; Catte, Pintor, Frogheri, Pittalis, Dessolis. Ma c’erano anche Boboreddu ‘e sa posta Sotgiu, Macinino Ticca, Macciocco, Gnesin, Masala, Juliucci, Bellu, Florenzi, Zaccheroni, Cossu, i Conti. E altri. Né bisogna dimenticare gli allenatori. Paradiso, Latella, Starace, quello che diceva: «chi picchia per primo picchia due volte». Per i campionati precedenti e per quelli a venire, fino a quasi tutti gli anni sessanta. Volti e corpi, in piedi e accosciati nelle fotografie prima d’inizio gara che costituiscono il materiale per le voci di adesso, quante indicano Franco Frogheri come “il migliore nel suo ruolo”. A risentirle, le voci frammentate iniziano a fare insieme, a dirci di un tempo che «l’onestà e la pulizia morale – sempre Zomeddu Mele – molto contavano nel gioco del calcio,”su vubalu” in accezione dialettale». C’erano premi partita e trasferte spesate di tutto, ma non alimentavano sogni di guadagni smisurati. La leggenda viveva di povertà, di grinta, di volontà di combattere sui campi, molti, quasi tutti in terra battuta. L’erba al Quadrivio arrivò nel 1968. Era un po’ come andare alla battaglia. «Lottare con il cuore» con dentro le voci d’incitamento della folla che scandiva in uno: «Nuoro, Forza Nuoro!». Pascaleddu Catte, classe 1939, presidente delle vecchie glorie, ben rappresenta quel tempo. La sua, di passione, e di altri «quando eravamo gli idoli». Detto senza ostentazione, quasi con naturalezza. La formazione domenicale, specie se vincente, fotografata da Pirari la esponeva l’orefice Pinna in una vetrinetta del suo negozio al corso. Fotografie, e a volte, proiettato in un corridoio della bottega, qualche filmino in super 8. Una formazione del ’56-’57 c’è anche in un catalogo di Folchetti. Pasquale Catte ricorda con tanto entusiasmo, detto e mimato. Veste la canadese con i colori sociali della “Nuorese” il mitico verde-azzurro. Quando entrò in squadra, nel 1955, era il più piccolo e perciò doveva fare “il bocia”. Così Gnesin. Gli toccava portare dentro la borsa il treppiede che serviva per avvitare i bulloni nelle scarpette e qualche volta anche per difendersi. Specie nei campi caldi di La Maddalena e Olbia. Loro in campo e sugli spalti magari i carrolanti-motocarristi santupredini. Se ne ricorda anche Pantera di quei tempi. Battaglie ricostruite adesso quasi con leggerezza. Con quanti combatté da calciatore, un classico, Pascaleddu è poi diventato ottimo amico. Erano quelli i tempi di Franco Frogheri che invece mai fu espulso, come si conviene a un capitano. «Capitan Frogheri»” scrivevano le cronache. «La Nuorese domina a Roma» titolavano nelle pagine sportive. Insieme a “La Nuova” e “L’Unione” c’erano allora “Tribuna dello sport”, “La Gazzetta Sarda”, “L’Isola sportiva”, settimanale del giovedì”, “La Gazzetta Sportiva” e “Il Corriere dello sport” che in quanto a cognomi non ne metteva uno giusto.
Saltano fuori altri titoli: «L’Avezzano travolto da una Nuorese irresistibile. Le reti segnate da Frogheri». Cronisti erano allora anche Gianni Filippini e da Nuoro con articoli scritti su veline, battuti a macchina, nastro rosso e blu, PalaFra, sigla, e Giannino Guiso che a proposito di Frogheri diceva: il piccolo capitano. «Dal piede di Frogheri la vittoria dei nuoresi» era un po’ il refrain. «Il piccolo Frogheri – così Mino De Luca – il minuscolo tuttopepe barbaricino». Tra eccellenza a quarta serie, salite e ridiscese, avversarie erano le continentali del centro-sud, Empoli, Massa, Perugia, Cecina. In Sardegna, memorabili avversari i maddalenini dell’Ilva e del Cral, l’Ozierese, il Cus Cagliari,l’Arbus, gli oristanesi. «Nel primo anno di quarta serie retrocedemmo – ricorda Pasquale Catte – ma battemmo la grande Torres che vinse il campionato». Un’isola nel pallone ma anche dentro la civiltà del gioco. «Con Francolino – riprende Pascaleddu Catte – nos connoschiamus dae minores».Nel racconto sta l’inizio della leggenda calcistica. E insieme uno spaccato di storia ambientale nuorese, quando i campionati interni al paese che diventava città si giocavano a «Sa ‘e Borghesi» dove oggi c’è il palazzo della Provincia e piazza Italia era la stazione ferroviaria. Altro campo di allenamento e competizione erano «sos ortos de mussegnore», tra il vescovado e l’attuale bar Cambosu. Lì i ragazzini iniziavano il romanzo di formazione del calcio come pratica sportiva, come divertimento, ma anche come apprendistato alla vita. Le squadre si chiamavano”Franco Ossola”, “Valentino Mazzola”, nomi dei giocatori del grande Torino periti a Superga. Poi c’erano la “Folgore” e le squadre legate all’Azione cattolica dove giocava anche Franco Frogheri: la “Giousè Borsi” e la “Juventina zeta”. Pascaleddu Catte, “una vita da gommista”, lavoratore fin dai 12 anni, dopo la quinta elementare, aveva una squadra tutta sua, la “Terribile”. Quando entrò nella Nuorese, dove da giocatore resterà fino al 1969, Franco non c’era. Si era fatto male al ginocchio, rottura del menisco, e in quel campionato del ’54-’55 non giocò. Una cosa oggi risolvibile in poche settimane allora comportava tempi lunghi tra operazione e recupero. Fu specialmente Zomeddu Mele a sostenere Franco, anche dal punto di vista psicologico. Nel campionato di eccellenza ’53-’54, la Nuorese arrivò seconda. Risultato quasi ripetuto in quello successivo. Tutti elementi preparatori del racconto della salita in Quarta serie. La prima volta nel dopoguerra. In quel mitico 1957-’58, a squadra autogestita, Zomeddu Mele giocatore-allenatore, impostava lo schema. «L’ala destra che prende il pallone dal limite dell’area di rigore e serve il centravanti». Manco a dirlo: Frogheri. Gol, rete, chiamatelo come volete «pro nois fit unu sonnu». Così come giocare in quella squadra. Contava avere piedi buoni. Franco aveva il 36 di numero. E poi la capacità di elevarsi in aria e segnare di testa. Pascaleddu fa vedere come: spalla contro spalla con l’avversario, senza “abbracciarlo”. Catte e Frogheri erano i più bassi della squadra. Fecero 44 gol in due. Frogheri 24, 18 Catte che mette nel novero anche due annullati. Con il tempo, Pascaleddu diventerà difensore, un ruolo più adatto alla sua grinta, anche se da difensore continuerà a segnare. Aveva grinta allora quanto fa adesso professione di umiltà. Dice di essere stato il portatore d’acqua di Franco. Ma erano amici anche fuori dal campo. Furono compagni di camera, in albergo, nelle trasferte in continente che allora potevano durare anche dieci giorni se c’erano due partite di fila fuori casa. Si partiva il venerdì, si tornava il lunedì. Civitavecchia era il porto. In libera uscita, Pasquale Catte formava trio con Franco Frogheri e Genesio Sogus, altro indimenticabile della leggenda calcistica. Alla domanda su chi consideri il migliore, Catte fa comunque dei distinguo. Inarrivabile Franco nel ruolo di centravanti. Ma ci si mette anche lui come trio di difesa: Biagi-Catte-Cusma. Come mezzala poi, Antonello Stellino negli anni in cui un’altra grande Nuorese pareggiò al Quadrivio con il Cagliari di Gigi Riva e dello scudetto. In queste dimensioni della leggenda ci può benissimo stare anche Franco Frogheri, lui che fece provini in molte altre compagini allora forti e in auge: il Cagliari per tutte. Non andò mai via da Nuoro. Franco era un campione. E smesso di giocare si conservò galantuomo.

Natalino Piras domenica 2 marzo 2003 la Nuova Sardegna 


LA VITA : Studio e lavoro prima del calcio


NUORO. La dimensione familiare, privata, di Franco Frogheri, lo riconsegna alla memoria pubblica così come l’ha conservato: campione nel gioco e un vero signore fuori dal campo. La moglie Disma ricorda di quando lo conobbe, nel 1958, l’anno della salita in IVª serie della Nuorese. «Franco allora era molto conosciuto e aveva fascino». Ma non si dava arie. E dire che Disma non l’ha mai visto giocare. Altre ragazze invece andavano al Quadrivio per ammirare la sua abilità di calciatore.
Disma e Franco si sposarono nel 1967. Il pallone era già nell’album dei ricordi. «Babbo smise di giocare nel 1961» ricordano i figli Chicco, Paolo e Fabio. Conservano la memoria di quanto fu Franco come giocatore, anche se calcisticamente non hanno mai vissuto all’ombra del padre. Hanno giocato e continuano a giocare in squadre di categorie minori. Da dilettanti. Pacata è l’esaltazione del genitore, voci raccordate ai silenzi, voci filiali in mezzo a quelle della gente. Conservano le cronache dei giornali già ritagliate e archiviate da Franco.
«Babbo era molto veloce – dicono – difficile da marcare». Un genio in campo. Un uomo leale. In famiglia fu severo, all’antica, a ricordare ai figli la rigida educazione ricevuta a sua volta dal padre Giovannangelo, che aveva un laboratorio al Corso di “radioriparazioni, elettrodomestici e fonoradio”. Prima di tutto venivano la scuola e il lavoro, poi il gioco. In qualche foglio di giornale si legge della volta che Franco, già mito della Nuorese, non fece parte della formazione. Glielo aveva impedito proprio il padre. Commenta il cronista di allora: “Frogheri è abile con la sfera di cuoio. Non mostra altrettanta dedizione per i libri. Notizia un poco esagerata”.
Diplomato geometra, Franco Frogheri lavorò da ragioniere alla Galbani. Una vita a gestire il magazzino di piazza Veneto, come contabile e infine come direttore. Un uomo che più onesto e scrupoloso di così non si poteva. Rigido prima di tutto con se stesso. Era al lavoro tutti i giorni dalle sei e mezza del mattino. Apriva e chiudeva.

La leggenda di Franco Frogheri è comunque il calcio, la sua Nuorese. Che gli dette fama e amicizia ma anche amarezze. Fu molto amico di Bobore Sanna, di Pintor e di Genesio Sogus. Ricorda Paolo Frogheri che Genesio “chiamava babbo Scheggia”. «Franco invece – replica Chicco – diceva di Genesio che era uno dei migliori difensori venuti a Nuoro». Appese le scarpette al chiodo, il campidanese Sogus restò nell’ambiente. Frogheri invece no.
Costa un poco, a Disma e ai figli, ricordare della volta che a Franco fecero pagare il biglietto d’ingresso al Quadrivio. Un’offesa in parte risarcita da Pasquale Catte: quando fu presidente della Nuorese, dal 1978 all’82, fece fare gratis gli abbonamenti a tutte le vecchie glorie. Franco Frogheri comunque non tornò più al Quadrivio. Nemmeno la volta che venne la Juventus di Sivori, Charles e Boniperti. Lui, juventino che ha trasmesso il tifo per i bianconeri ai figli.
Oltre che per la Juventus, Franco ritrovò entusiasmo per il calcio praticato quando, poco prima di ammalarsi, accettò di allenare “i pulcini” del rione di San Giovanni Battista, a Pred’Istrada. Un’esperienza cui si dedicò anima e corpo. L’ultima sua partita la diresse dai bordi del campo sportivo di Orune. Era un giorno di freddo intenso.

Natalino Piras domenica 2 marzo 2003 la Nuova Sardegna 


Il sogno svanito del libro sul calcio nuorese


NUORO. Come iniziare una storia della Nuoro calcistica? Potrebbe rivelarsi un problema. Perché sì, riguarda la Nuorese vera a propria, ma anche l’Attilia e altre squadre. Cronologicamente potrebbe soccorrere, almeno come avvio, la memoria di quando nel secondo dopoguerra ogni rione, ancora bichinau, aveva una e più formazioni. Pasquale Catte ne ha contato 12 solo tra Santu Predu, Santa Maria e Seuna. Una memoria dell’infanzia che serve a stabilire zone di passaggio con la giovinezza e la maturità. Siamo allora già dentro la storia. Dove, magari in nota, trova posto anche la figura di Zumburru: giocava con il coltello infilato nei calzettoni. Necessaria finzione per dire dello spirito di battaglia al tempo delle origini. Ma nella battaglia, e qui siamo nella sostanza delle cose, ci fu chi si distinse per capacità di dare del tu al pallone. Classe, eleganza, velocità, potenza di tiro a fare tutt’uno. Come Antonello Stellino. Come Franco Frogheri. Poco prima di ammalarsi, una malattia che in breve tempo lo portò alla morte, Franco Frogheri aveva raccolto molto sulla Nuorese dei suoi tempi. L’idea era quella di fare un libro. Ci stava pensando insieme a Zomeddu Mele e Bobore Sanna. Fotografie e rassegne stampa. Ma anche tracce di metodo. A riguardarlo oggi, quell’abbozzo di libro, serve a capire di quanto ci possa stare dentro. I dati, i numeri, le formazioni anno per anno, giornata per giornata, le reti, le vittorie e le sconfitte. E altro. Insiemi e frammenti di una leggenda che riguarda tutti: i nuoresi-nuoresi e quanti nella vicenda di una squadra di calcio leggono la storia di una civiltà capace di rappresentare il meglio di sé.

Natalino Piras domenica 2 marzo 2003 la Nuova Sardegna

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